La mia è una vera e propria deformazione personale, adoro le classifiche.
In particolare quelle di viaggio mi mandano in brodo di giuggiole. Qual è la “to do list” che non può mancare nel visitare un Paese? O ancora, le curiosità relative un viaggio?
Tokyo è una città che non dorme mai. Tranne che in metropolitana. Complice il pendolarismo dai sobborghi verso la metropoli e la forte pressione sociale che porta l’impiegato medio ad attardarsi in ufficio fino all’ultimo treno disponibile, il tempo libero è azzerato. Il sonno perduto si recupera in treno: non esiste carrozza che non sia popolata di passeggeri appisolati. I giapponesi hanno un vero dono: quello di potersi addormentare profondamente nell’arco di una fermata di metro. In ogni posizione, per di più; e di risvegliarsi, puntualmente alla propria stazione, neanche avessero una sveglia interna.
Un turista non può far a meno di stupirsi di tale fenomeno, e di fotografarlo divertito. Io ho fatto anche di più, adattandomi al costume locale e imparando rapidamente l’arte del piegare il collo in avanti e svenire addormentata in un Amen (ndr: nella foto cerco di mimetizzarmi con la fauna locale).
La cultura del benessere raggiunge il suo apice in Giappone con gli onsen, stazioni termali naturalmente riscaldate e ricche di minerali perché di origine vulcanica, spesso inserite all’interno di strutture di accoglienza tradizionali dell’epoca Edo, i ryokan. L’esperienza è mistica. Qui, se avrete la fortuna di venire affidati alle cure di una nakai, la vostra cameriera personale in kimono, non potrete fare altro che cancellare i vostri programmi per crogiolarvi in yukata, un kimono in cotone leggero, ai ritmi di vita rallentati del ryokan. Dopo un pasto kaiseki, l’alta cucina giapponese, consumato sui tatami della propria stanza, la sera è dedicata al rito delle terme.
I giapponesi non sanno l’inglese. Complici, un infelice sistema scolastico, l’innata timidezza e la tendenza al perfezionismo di questo popolo, oltre che alla natura stessa della lingua giapponese, che contiene un numero minore di suoni rispetto alle principali lingue del mondo. Ma quando nel chiedere un’indicazione: “dov’è l’uscita dalla stazione?” (provate voi a cavarvela dentro Shinjuku) o un indirizzo (ancora più complicato: qui non utilizzano il sistema postale occidentale, ma uno complicatissimo e poco efficiente che delimita i quartieri), dapprima si scuseranno con un “soriiii”, e poi, che siano studenti, uomini d’affari, graziose ragazze in kimono o commercianti, faranno propria la causa, abbandonando la loro occupazione, per accompagnare il viaggiatore nel luogo richiesto, telefonare per lui, chiedere indicazioni ad altri qualora non conoscano l’indirizzo.
Si dice che un giapponese nasce shintoista, si sposa cattolico e muore buddista. L’atteggiamento diffuso è infatti quello di attingere a una tradizione religiosa con grande pragmatismo: si nasce e cresce in un universo culturale shintoista, ma si ricorre alle tradizioni funerarie buddiste per la cerimonia delle esequie; quanto al matrimonio, molti si sposano con una celebrazione simil-cattolica, officiante occidentale nei panni di prete e chiesa falso-gotica allestita all’interno di un grande hotel. Il pacchetto “matrimonio occidentale” è infatti molto in voga tra i giovani. Certamente più affascinante, per un turista, è rimanere abbacinato dall’intenso colore arancione dei torii, i tradizionali portali d’accesso giapponesi che portano a un jinja, un santuario shintoista, tentando poi di emulare il rito della preghiera. Basta seguire le istruzioni, riportate sui cartelli con disegni animati.
Groupon esiste anche in Giappone. Ovvio, è una multinazionale! Potevo forse esimermi dall’acquistare e testare un deal nel Paese del Sol Levante? Con l’aiuto di Google Traslator mi iscrivo alla newsletter. Incrociare l’itinerario con l’esperienza giusta e acquistare su un sito in giapponese diventa però estremamente complicato; mi aiuta perciò il mio amico Aki. Troviamo un deal interessante: un ristorante specializzato in soba a Tokyo propone un menù a 1400¥ per due, circa 10€. Mangiare in Giappone, contrariamente a quanto si pensi, non è affatto caro, e con un po’ di voglia di sperimentare, l’esperienza culinaria può rilevarsi estremamente soddisfacente. Munita del mio voucher con QR code, che qui è solo in formato elettronico, itinerario di Aki alla mano, mi reco al ristorantino, che si trova in zona Shinjuku. Non è necessario prenotare, basta presentarsi con il coupon. La soba è la risposta giapponese al ramen cinese: tagliolini di grano saraceno serviti in una ciotola con brodo, caldo o freddo, insieme altri ingredienti, da mangiare con gli immancabili bastoncini. Qui è tradizionalmente considerato educato sorbire rumorosamente, in particolare mangiando piatti caldi, dato che aspirando rapidamente i tagliolini si possono così raffreddare prima di arrivare in bocca.
Il menù prevede l’immancabile the giapponese in accompagnamento alla soba, disponibile in 4 varianti di grano saraceno. Comunicare è sempre un’esperienza, e ci affidiamo al caso nell’ordinare. Insieme alla ciotola di tagliolini, che è possibile accompagnare con anatra, ostriche, o pollo con verdure, non mancano ciotoline con pezzetti di bambù, alghe e verdure sconosciute a noi occidentali. Al termine del pasto i gestori ci chiedono se la pietanza sia stata di nostro gradimento. Forse non abbiamo sorbito abbastanza rumorosamente? Qui anche un semplice pranzo è tutta un’esperienza.