Oggi giustamente e fortunatamente tutelato dalla legge, la sua pesca è concessa esclusivamente a professionisti corallari i quali devono operare la raccolta oculatamente in modo da permetterne la ricrescita (che può essere calcolata e verificata) e conservare il patrimonio biologico assicurando un futuro anche all’economia del settore. Il corallo rosso appartiene al phylum Celenterati, classe Antozoi, sottoclasse Ottocoralli, ordine Gorgonacei, famiglia Corallidi. La specie è coloniale ed i singoli polipi, bianchi e di pochi mm di lunghezza, possiedono una corona di otto tentacoli piumati. Il polipo è costituito da una parte apicale capace di ritrarsi in una parte basale rigida (calice) e nella quale possono esservi degli scleriti (strutture di sostegno). C. rubrum (Linneo) è l’unico Gorgonaceo a possedere uno scheletro duro, calcareo, dal colore prevalentemente rosso, di varia tonalità ed intensità (che determina assieme alla compattezza il valore commerciale) ma anche rosa, arancio o bianco. Le belle colonie arborescenti di colore rosso (dovuto alla corteccia opaca, prevalentemente di questo colore) sono inserite sulle volte delle grotte o comunque in luoghi poco illuminati quando la profondità non è rilevante, mentre la situazione può cambiare alle grandi profondità dove la luce è molto attenuata; la distribuzione verticale varia da circa 15 m ad alcune centinaia di metri ma prevalentemente da 20 m a circa 200. La grandezza dei rami può raggiungere i 30, 40 cm e lo spessore di 3 o più cm. La specie è distribuita essenzialmente nel Mediterraneo centrale ed occidentale e nelle Canarie. Famosissimo fin dall’antichità per l’alto valore commerciale inerente l’impiego per gioielli ed oggetti ornamentali finemente incisi, era inizialmente pescato casualmente con le reti ove rimaneva impigliato o con barche appositamente attrezzate con una struttura costituita da pali incrociati (atti all’asportazione dei rami dalle pareti) e da pezzi di rete collegati ai pali (idonei a trattenere i rami divelti); l’avvento degli autorespiratori ha costituito in un primo tempo il mezzo per una pesca indiscriminata e sistematica delle colonie, giungendo anche dove la pesca dalla barca niente poteva (es. grotte) con grave danno alla specie. E’ auspicabile che la legislazione protettiva, presente anche in altri paesi mediterranei, non solo conservi quanto rimasto ma permetta alla specie di ricolonizzare aree precendentemente depredate, tornando a colorare di rosso il profondo blu. Leonardo Mastragostino Oro rosso del Mediterraneo: il “Corallium rubrum” Oggi giustamente e fortunatamente tutelato dalla legge, la sua pesca è concessa esclusivamente a professionisti corallari i quali devono operare la raccolta oculatamente in modo da permetterne la ricrescita (che può essere calcolata e verificata) e conservare il patrimonio biologico assicurando un futuro anche all’economia del settore.
Il corallo rosso appartiene al phylum Celenterati, classe Antozoi, sottoclasse Ottocoralli, ordine Gorgonacei, famiglia Corallidi. La specie è coloniale ed i singoli polipi, bianchi e di pochi mm di lunghezza, possiedono una corona di otto tentacoli piumati. Il polipo è costituito da una parte apicale capace di ritrarsi in una parte basale rigida (calice) e nella quale possono esservi degli scleriti (strutture di sostegno). C. rubrum (Linneo) è l’unico Gorgonaceo a possedere uno scheletro duro, calcareo, dal colore prevalentemente rosso, di varia tonalità ed intensità (che determina assieme alla compattezza il valore commerciale) ma anche rosa, arancio o bianco. Le belle colonie arborescenti di colore rosso (dovuto alla corteccia opaca, prevalentemente di questo colore) sono inserite sulle volte delle grotte o comunque in luoghi poco illuminati quando la profondità non è rilevante, mentre la situazione può cambiare alle grandi profondità dove la luce è molto attenuata; la distribuzione verticale varia da circa 15 m ad alcune centinaia di metri ma prevalentemente da 20 m a circa 200. La grandezza dei rami può raggiungere i 30, 40 cm e lo spessore di 3 o più cm. La specie è distribuita essenzialmente nel Mediterraneo centrale ed occidentale e nelle Canarie. Famosissimo fin dall’antichità per l’alto valore commerciale inerente l’impiego per gioielli ed oggetti ornamentali finemente incisi, era inizialmente pescato casualmente con le reti ove rimaneva impigliato o con barche appositamente attrezzate con una struttura costituita da pali incrociati (atti all’asportazione dei rami dalle pareti) e da pezzi di rete collegati ai pali (idonei a trattenere i rami divelti); l’avvento degli autorespiratori ha costituito in un primo tempo il mezzo per una pesca indiscriminata e sistematica delle colonie, giungendo anche dove la pesca dalla barca niente poteva (es. grotte) con grave danno alla specie. E’ auspicabile che la legislazione protettiva, presente anche in altri paesi mediterranei, non solo conservi quanto rimasto ma permetta alla specie di ricolonizzare aree precendentemente depredate, tornando a colorare di rosso il profondo blu.