Il pluviale svolge un compito apparentemente semplice: prelevare l’acqua dalla grondaia e convogliarla verso il suolo o nel sistema fognario. Quando però si intasa, quel percorso si interrompe e la pioggia, priva di via preferenziale, cerca sfoghi laterali. Le gocce che debordano dai bocchelli ridisegnano i flussi lungo la facciata, penetrano nelle microfessure dell’intonaco, dilavano i mattoni a vista, saturano lo zoccolo e filtrano nella muratura. Nel giro di pochi anni una colonna pluviale mal gestita genera efflorescenze saline, distacchi di intonaco, muffe negli angoli interni e rigonfiamenti degli stipiti in legno. Più grave ancora è il rischio strutturale: l’acqua che non defluisce scava cunicoli intorno alle fondamenta, lava via terreno di riempimento e, in inverno, ghiaccia dentro le basi in calcestruzzo, esercitando spinte che fessurano i massetti. Capire come intervenire su un ostruito significa quindi proteggere simultaneamente tetto, facciate e fondamenta.
Indice
- 1 Riconoscere i campanelli d’allarme prima del danno visibile
- 2 Stabilire il punto esatto dell’ostruzione
- 3 Preparare l’intervento in sicurezza e con gli strumenti appropriati
- 4 Rimuovere detriti e foglie dalla parte superiore
- 5 Sondare e liberare il blocco nel tratto verticale
- 6 Lavaggio in pressione e verifica di deflusso
- 7 Ripristino dei raccordi e prevenzione di future ostruzioni
- 8 Quando chiamare un professionista e che cosa aspettarsi
Riconoscere i campanelli d’allarme prima del danno visibile
Un pluviale ostruito non diventa evidente solo quando l’acqua esce a cascata. Se durante una pioggia moderata si nota un rigagnolo che scorre all’esterno del tubo o si percepisce un gorgoglio persistente nella grondaia, significa che la colonna fatica a inghiottire il flusso e lo respinge verso l’alto. Altri segnali stanno nei depositi di foglie accatastate contro le pareti della gronda o nel colore più scuro di una porzione di facciata sotto lo scarico: la muratura impregnata dall’umidità residuale resta infatti tonale più scura per ore, mentre l’intonaco circostante si asciuga. La fase successiva presenta efflorescenze di salnitro e micro crepe attorno alle finestre sottostanti la linea del tubo, sintomo che l’acqua ha iniziato a infiltrarsi dietro il rivestimento.
Stabilire il punto esatto dell’ostruzione
Prima di agire bisogna capire se il tappo risiede in sommità, dove il tubo riceve le acque della gronda, o più in basso, magari in un gomito nascosto dentro un pilastro. Il metodo empirico consiste nel versare, con un annaffiatoio, qualche litro d’acqua direttamente nel bocchello di testa: se defluisce senza intoppi ma ricompare un rigurgito qualche secondo dopo nel punto medio della colonna, il blocco si trova più a valle. Se invece la superficie dell’acqua sale immediatamente e tracima oltre il bordo, la grondaia stessa è colma di detriti. In palazzi storici con pozzetto di ispezione a terra basta sollevare la grata e controllare se arriva un flusso continuo. Se il pozzetto resta asciutto significa che la colonna non scarica nulla e il blocco è lungo il tratto verticale.
Preparare l’intervento in sicurezza e con gli strumenti appropriati
Operare su un pluviale impone alcune precauzioni: un tubo verticale bagnato diventa scivoloso e chi sale su una scala deve ancorarla a un punto solido, evitando appoggio su terreno soffice. Occorre indossare guanti in nitrile, perché i detriti di foglie mescolati a guano di volatili possono contenere batteri nocivi. Gli strumenti base sono una sonda flessibile con punta a spirale, un tubo di irrigazione ad alta pressione collegato a una lancia con ugello riduttore e, nei casi più tenaci, un piccolo idrojet portatile. Per il tratto di grondaia si utilizza invece una paletta curva o un apposito cucchiaio telescopico in plastica che non graffi lo zinco o l’alluminio.
Rimuovere detriti e foglie dalla parte superiore
Se la diagnosi indica che il materiale ostruttivo si trova nella zona d’imbocco, si procede a mano. Si sollevano le tegole limitrofe con cautela e si accede alla gronda. Le foglie cadute si presentano come una massa compatta misto a polvere e semi: bisogna sconnetterla dall’alluminio con movimenti di cucchiaio e, una volta allentata, sollevarla in un secchio o in un sacco per evitare che cada di nuovo nella colonna. A questo punto una prima prova d’acqua verifica se il deflusso è ripristinato. Spesso nel collo del pluviale permane un ciuffo di aghi di pino o rametti che sfuggono ai ferri: si tira su delicatamente con pinza a becchi lunghi fino a riaprire completamente il foro.
Sondare e liberare il blocco nel tratto verticale
Quando il tappo si annida più in basso si introduce dal bocchello la sonda a spirale. Con rotazione regolare la punta avanza lungo il tubo, spingendo davanti a sé la massa occludente. Appena la spirale incontra resistenza e non ruota più, significa che ha raggiunto il blocco. Si continua a girare in senso orario, imprimendo piccoli colpi di spinta: il movimento aggancia la matassa di foglie e la lacera. Dopo qualche centimetro di progressione si estrae lentamente la sonda, che trascina con sé i frammenti intrappolati. Terminata l’estrazione, si ripete l’operazione finché non emerge solo acqua sporca. Per evitare graffi interni, la punta dev’essere di diametro adeguato, mai troppo larga rispetto alla sezione del tubo.
Lavaggio in pressione e verifica di deflusso
Anche se la massa principale pare rimossa, un velo di limo organico spesso aderisce alla parete interna, pronto ad attrarre nuovi residui alla prima pioggia. Collegare la lancia ad alta pressione e introdurla a metà altezza, lasciando che getto e gravità collaborino. L’acqua dovrebbe uscire limpida dal pozzetto di base dopo pochi minuti. Se a valle riaffiora solo un filo d’acqua, il blocco persiste: si alternano allora getto e spirale finché il flusso diventa regolare. Nei tratti con angoli stretti un idrojet con ugello retro-orientato scava il tappo dall’interno, ma la manovra richiede prudenza per non inondare la facciata di ritorno.
Ripristino dei raccordi e prevenzione di future ostruzioni
Un pluviale che si è ostruito una volta è candidato a ripetere il problema se non si interviene sulle cause. Le giunzioni devono essere sigillate con silicone specifico per metalli, eliminando le fessure che catturano semi e polvere. Sul colmo della gronda si installa una rete paragradine in acciaio inox microforato, sagomata sul profilo, che lascia passare l’acqua ma ferma le foglie. Nei pluviali che scorrono vicino a piante rampicanti conviene potare i rami per creare una fascia di sicurezza di almeno cinquanta centimetri, impedendo alle foglie più leggere di cadere direttamente nell’imbocco.
Quando chiamare un professionista e che cosa aspettarsi
Se il tubo è incassato in vano murario o costituito da moduli vecchi in fibrocemento friabile, il fai‐da‐te rischia di rompere il condotto. In questi casi la ditta specializzata inserisce una microtelecamera per localizzare il tappo, quindi utilizza sonde idrodinamiche calibrate. Il costo varia con l’altezza dell’edificio e la complessità dell’accesso. Spesso il professionista propone di rivestire l’interno con resina per renderlo liscio, riducendo drasticamente la tendenza a future ostruzioni.